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ToggleIntervista ad Alessandro La Rosa, Founder @ CreationDose
Chi è Alessandro La Rosa?
Alessandro è Founder & CEO di CreationDose. Classe ‘93, dai tempi dell’università ha compreso il suo amore per il digitale e la sua propensione verso l’imprenditoria. Ha deciso così di dare vita a CreationDose, insieme ad alcuni amici, ora soci e Co-Founder.
Dopo pochissimo hanno lanciato Vidoser, con un vero e proprio tuffo nel vuoto. Una Mobile App per mettere in relazione brand e Creator attraverso un sistema di gamification interno. Dopo i primi successi e le prime collaborazioni di rilievo, tra alti e bassi, CreationDose ha iniziato a scalare il mercato e ad ampliare il suo team, diventando oggi una realtà promettente e competitiva su scala nazionale.
Con CreationDose Alessandro e il suo team ha raccolto oltre 1 Milione di euro di investimenti e avviato collaborazioni con importanti e conosciuti brand in tutta Italia. L’intero percorso imprenditoriale di Alessandro si può riassumere nella voglia e nel desiderio di creare, nell’attivare nuove sinergie con realtà legate al nostro territorio, e non solo, nell’ottica di supportare la crescita di un territorio ricco, ma complicato come la Sicilia, creando un ponte imprenditoriale tra Nord e Sud.
Ho conosciuto Alessandro durante i suoi primi giorni da imprenditore, che poi erano in realtà anche i miei. Condividevamo tavoli vicini all’interno di un coworking ed abbiamo trascorso molti momenti insieme nelle prime fasi delle nostre startup. Abbiamo affrontato molte gioie e tanti problemi. Spesso abbiamo trovato la serenità in un confronto a fine giornata o la soluzione ad un problema durante un caffè in pausa o di fronte ad un pranzo veloce.
Cosa significa fare startup per Alessandro La Rosa?
Essendo in confidenza, vado subito al sodo.
G: «Ale, dimmi francamente, cosa ti ha tolto nella vita fare startup?”
A: «Uhmmm… È una domanda complicata questa, perché anche nei momenti più difficili ho sempre cercato di guardare il lato positivo. È ovvio che mi ha sottratto qualcosa, ma guardandomi indietro non cambierei davvero nulla. Ogni sacrificio è sempre stato bilanciato da una gioia totale, completa. Parlerei più che altro di cosa mi ha dato nella vita più che di cosa mi ha tolto.»
G: «Mi sembra un punto di vista interessante… E cosa ti ha dato?»
A: «Sapevo me l’avresti chiesto… Posso dire tutto? Fare startup ha definito la mia identità, soprattutto negli ultimi anni. È come una grande proiezione della vita, con le sue gioie e le sue difficoltà. Una intricatissima montagna russa che ti elettrizza ad ogni giro.
C’è stato un momento, ad esempio, in cui ho dovuto giocare il tutto per tutto. Eravamo davvero in difficoltà. Dopo diversi confronti con i Co-Founder, ho chiamato in raccolta i membri del team che sono stati al mio fianco fin dall’inizio di questo incredibile percorso e ho cercato in loro la forza per portare avanti un piano d’azione assolutamente folle. Per fortuna è andato tutto bene, ma senza il loro supporto, senza la determinazione di tutti, non ci sarei mai riuscito.»
A questo punto volevo spiazzarlo con una domanda più introspettiva, così mi sono lanciato:
G: «Ale, raccontarmi come gestisci la “solitudine del founder” e la differenza di velocità che, come imprenditore, devi sostenere rispetto al resto del mondo all’infuori della bolla della tua sua startup.»
La sua risposta mi ha lasciato sorpreso. Sapete qual è la prima cosa che mi ha detto?
A: «Colibrì!»
All’inizio non mi era chiaro, non avevamo mai parlato prima di questo aneddoto, ma quando ha continuato a spiegarmi, tutto ha avuto senso:
A: «Colibrì è il nomignolo che i miei amici, ora soci, mi hanno dato all’inizio dell’avventura che abbiamo intrapreso insieme. Fa sorridere adesso pensarci perché, in fondo, un colibrì lo sono sempre stato. Avevo promesso a me stesso di fare l’inimmaginabile per riuscire a far crescere CreationDose. Lo dovevo a chi aveva creduto in me. E così ho sempre battuto con forza le mie ali, senza mai fermarmi, anche quando le forze non c’erano più. Fare startup è una sfida che ti porta oltre i tuoi limiti: richiede una grande determinazione, una carica continua d’energia, che fin troppo spesso senti di non avere. Quando guardo negli occhi il mio team, quando sento la fiducia che hanno riposto in me, capisco che non posso stare fermo.»
A questo punto ho detto ad Alessandro:
G: «Conosco quella sensazione, sbattiamo le ali forsennatamente perché crediamo che non appena smettiamo potremmo finire giù rovinosamente. Poi però ci accorgiamo che, come i colibrì, ci capita anche di sbattere le ali ma di rimanere sempre fermi nello stesso posto. Cosa senti quando ti metti a letto? Quando non può fare altro che fermarti un attimo prima di prendere sonno? Perché sai, solitamente è proprio in quel momento che io sento più casino dentro la mia testa.»
Sono sicuro che vi accorgerete presto anche voi che i momenti prima di addormentarvi saranno tra i più affollati della vostra mente e che potrebbero non essere così clementi nel lasciarvi prendere sonno.
A: «Sai Gianca, spesso la sera mi fermo a pensare. È quello il momento in cui il ritmo inizia a rallentare, il respiro diventa regolare e sento di poter svuotare la mente dai pensieri. La verità però è che, anche in quei momenti, io non mi fermo mai. Il mondo si muove alla sua velocità, ma io devo accelerare: devo andare a 1.000, a 10.000, a 1 milione di chilometri per non perdere tutto in un attimo. Un attimo che temo possa arrivare da un momento all’altro e che non posso permettere diventi reale. »
G: «Ok, ma come fai con le persone che ti sono vicine?»
A: «Gianca, tu lo puoi capire, ho sacrificato molto per CreationDose e ringrazio ogni giorno i miei affetti, perché capiscono quello che faccio e, soprattutto, capiscono le assenze, le chiamate mancate, i pochi momenti di condivisione. Poi sai, quando lo sconforto inizia a bussare, penso a tutta la strada percorsa e alle persone che, insieme a me, hanno affrontato piccole e grandi difficoltà. Sono loro la mia vera forza, quella in grado di scacciare via la solitudine e la paura. »
G: «Quindi, Ale, non ti senti mai davvero solo?»
A: «No Gianca, finché avrò loro, non sarò mai solo.»
Sono rimasto qualche secondo in silenzio, perché non so che effetto possano fare a voi queste parole, ma averle sentite mi ha davvero lasciato modo di riflettere.
Così sono andato in conclusione con le domande di rito:
G: «Se potessi dare un solo consiglio a chi vuole lanciare la propria startup, quale consiglio gli daresti?»
A: «Beh, divertiti e non avere paura. Anche quando tutto ti sembra andare per il verso contrario.»
G: «Mi sembra un consiglio assolutamente folle, nel tuo stile, ma che condivido in pieno! E adesso, lasciamoci con le tre qualità del founder perfetto.»
A: «Positività, competenza e sfrontatezza»
G: «Ale, dimmi francamente, cosa ti ha tolto nella vita fare startup?”
A: «Uhmmm… È una domanda complicata questa, perché anche nei momenti più difficili ho sempre cercato di guardare il lato positivo. È ovvio che mi ha sottratto qualcosa, ma guardandomi indietro non cambierei davvero nulla. Ogni sacrificio è sempre stato bilanciato da una gioia totale, completa. Parlerei più che altro di cosa mi ha dato nella vita più che di cosa mi ha tolto.»
G: «Mi sembra un punto di vista interessante… E cosa ti ha dato?»
A: «Sapevo me l’avresti chiesto… Posso dire tutto? Fare startup ha definito la mia identità, soprattutto negli ultimi anni. È come una grande proiezione della vita, con le sue gioie e le sue difficoltà. Una intricatissima montagna russa che ti elettrizza ad ogni giro.
C’è stato un momento, ad esempio, in cui ho dovuto giocare il tutto per tutto. Eravamo davvero in difficoltà. Dopo diversi confronti con i Co-Founder, ho chiamato in raccolta i membri del team che sono stati al mio fianco fin dall’inizio di questo incredibile percorso e ho cercato in loro la forza per portare avanti un piano d’azione assolutamente folle. Per fortuna è andato tutto bene, ma senza il loro supporto, senza la determinazione di tutti, non ci sarei mai riuscito.»
A questo punto volevo spiazzarlo con una domanda più introspettiva, così mi sono lanciato:
G: «Ale, raccontarmi come gestisci la “solitudine del founder” e la differenza di velocità che, come imprenditore, devi sostenere rispetto al resto del mondo all’infuori della bolla della tua sua startup.»
La sua risposta mi ha lasciato sorpreso. Sapete qual è la prima cosa che mi ha detto?
A: «Colibrì!»
All’inizio non mi era chiaro, non avevamo mai parlato prima di questo aneddoto, ma quando ha continuato a spiegarmi, tutto ha avuto senso:
A: «Colibrì è il nomignolo che i miei amici, ora soci, mi hanno dato all’inizio dell’avventura che abbiamo intrapreso insieme. Fa sorridere adesso pensarci perché, in fondo, un colibrì lo sono sempre stato. Avevo promesso a me stesso di fare l’inimmaginabile per riuscire a far crescere CreationDose. Lo dovevo a chi aveva creduto in me. E così ho sempre battuto con forza le mie ali, senza mai fermarmi, anche quando le forze non c’erano più. Fare startup è una sfida che ti porta oltre i tuoi limiti: richiede una grande determinazione, una carica continua d’energia, che fin troppo spesso senti di non avere. Quando guardo negli occhi il mio team, quando sento la fiducia che hanno riposto in me, capisco che non posso stare fermo.»
A questo punto ho detto ad Alessandro:
G: «Conosco quella sensazione, sbattiamo le ali forsennatamente perché crediamo che non appena smettiamo potremmo finire giù rovinosamente. Poi però ci accorgiamo che, come i colibrì, ci capita anche di sbattere le ali ma di rimanere sempre fermi nello stesso posto. Cosa senti quando ti metti a letto? Quando non può fare altro che fermarti un attimo prima di prendere sonno? Perché sai, solitamente è proprio in quel momento che io sento più casino dentro la mia testa.»
Sono sicuro che vi accorgerete presto anche voi che i momenti prima di addormentarvi saranno tra i più affollati della vostra mente e che potrebbero non essere così clementi nel lasciarvi prendere sonno.
A: «Sai Gianca, spesso la sera mi fermo a pensare. È quello il momento in cui il ritmo inizia a rallentare, il respiro diventa regolare e sento di poter svuotare la mente dai pensieri. La verità però è che, anche in quei momenti, io non mi fermo mai. Il mondo si muove alla sua velocità, ma io devo accelerare: devo andare a 1.000, a 10.000, a 1 milione di chilometri per non perdere tutto in un attimo. Un attimo che temo possa arrivare da un momento all’altro e che non posso permettere diventi reale. »
G: «Ok, ma come fai con le persone che ti sono vicine?»
A: «Gianca, tu lo puoi capire, ho sacrificato molto per CreationDose e ringrazio ogni giorno i miei affetti, perché capiscono quello che faccio e, soprattutto, capiscono le assenze, le chiamate mancate, i pochi momenti di condivisione. Poi sai, quando lo sconforto inizia a bussare, penso a tutta la strada percorsa e alle persone che, insieme a me, hanno affrontato piccole e grandi difficoltà. Sono loro la mia vera forza, quella in grado di scacciare via la solitudine e la paura. »
G: «Quindi, Ale, non ti senti mai davvero solo?»
A: «No Gianca, finché avrò loro, non sarò mai solo.»
Sono rimasto qualche secondo in silenzio, perché non so che effetto possano fare a voi queste parole, ma averle sentite mi ha davvero lasciato modo di riflettere.
Così sono andato in conclusione con le domande di rito:
G: «Se potessi dare un solo consiglio a chi vuole lanciare la propria startup, quale consiglio gli daresti?»
A: «Beh, divertiti e non avere paura. Anche quando tutto ti sembra andare per il verso contrario.»
G: «Mi sembra un consiglio assolutamente folle, nel tuo stile, ma che condivido in pieno! E adesso, lasciamoci con le tre qualità del founder perfetto.»
A: «Positività, competenza e sfrontatezza»